
Quando il calcio ha fatto capo qua
Tra Chiusdino e Monticiano corrono gli stessi fiumi, una decina di km appena di distanza, girano di certo fungaie simili e molti degli stessi geni. Eppure c’è stato un tempo in cui il calcio che conta ha fatto scalo qua, causa il ferroviere in carriera, Luciano Moggi, abile come cavallaio ma presto anche come talent scout di calciatori e, mettiamola così, come trafficante d’influenze.
Monticiano per me, capo del calcio UISP, era soprattutto l’amico Gastone Tazioli, attempato macellaio arbitro, ma gli resi omaggio a suo tempo, compresa una passione e cortesia deliziosa tranne quando si metteva i panni del capotifoso di casa. Ed in quel bel campo c’era un torneo estivo dal calduccio proverbiale. Eppure, a proposito di “cattivi” e senza entrare su ciò che rese il sistema Moggi il dominus di un certo calcio, incredibile che in un borgo da 1500 cristiani finisse per nascere anche Carlo Petrini, il centravanti maledetto, quello de “Il fango del dio pallone”.
Congiunzioni stellari, due meteoriti nello stesso orto; solo per raccontare che, al tempo in cui scrivevo per La Nazione, mi mandarono a Monticiano ad intervistarlo con tanto di fotografo al seguito. Anno 2000, libro appena uscito con scandalo, lui ormai con problemi, semicieco e travolto anche dalla perdita di un figlio. Scrissi, mi chiese di rileggere l’intervista prima di pubblicarla. Non mi ero morso la lingua, mai fatto in vita. Petrini richiamò per dirmi: “Bella, non te la pubblicheranno!”. Ribattei che non sarebbe stato possibile, che io ero io, persino il fotografo ecc.
Avemmo ragione in due ma lui un po’ di più: l’intervista uscì, però non nello sport, dove tutti l’aspettavano. Venne fuori nelle pagine della cultura, un dribbling inatteso, un depistaggio sapiente. Mi sarebbe piaciuto uno scopone scientifico a Monticiano, senza possibilità di barare.