Santi e Rosa

 

Punizioni di prima e di seconda

 
Sia chiaro, ho ben presente il dato di fatto di come, del passato che sedimenta, restino a galla i ricordi migliori, quelli che non rimuoviamo, talora per scelta tal’altra per selezione da anticorpi dell’anima. I miei genitori non erano certo chissà quali cerberi, credo anzi che questo ragazzino così bravo lo esponessero sin troppo all’antipatia altrui. È che i tempi erano quelli, più o meno per tutti, balocchi pochi e profumi niente.
Lo scappellotto girava, compito di mamma, ma era evenienza rara. Succedeva perché tendevo a stare ben dentro i giochi, che quasi sempre ti prendevano un po’ di mano. Per gli orari, per l’ avventura, per i rischi che comportava, per una certa spavalderia imposta dalle logiche di branco. E poi non potevi farti male, tornare sbucciato serio o sdrucito, che ne toccavi a prescindere. Sia chiaro, roba lieve, erano tutte punizioni di seconda, ma te le ricordavi comunque. Due volte, in vita, Beppa chiamò Giovanni, punizioni di prima: in un caso ero andato a pescare al fiume, io col retino altri con le mani, non avevo detto niente, si fece tardi, nel gruppetto c’era almeno un Lucignolo più grande ed ero anche cascato nell’ acqua; nell’ altro si pensò bene di fare uno scherzo ingenuo, poco gentile al gentil sesso, la cosa si riseppe e in due, io e il Giuliano Bruni, ragazzi bravi, si becco’ rapporto ed un 7 in condotta nel primo trimestre di seconda media. Ero il migliore con voti altissimi ma babbo Giovanni si levò la cinghia per gambe livide una settimana. Alla fine delle Medie cominciò un’altra età biologica, anche un’altra era geologica. Con la Sita ed il Liceo cominciai un po’ tutte le perdizioni. Altre storie, non credo ne parlerò a breve, verrei sulle palle presto; la prossima tornerò appena indietro perché è di quel mondo pre-68 che si va, credo follemente, perdendo memoria.