
Il cono da 5 Lire
Non durerà molto di più il racconto di questa saga familiare. Volevo dire dei tempi non di me. Caso mai lo riprenderò più in là l’excursus personale, che comunque è stato ricco, vario e tribolato. Di allora, del Gaiole dell’età innocente, ho accennato alle belle vicende scolastiche, al fatto che mi portavo dietro sani principi, occhi puliti e diverse passioni. Perché in un paesino come il mio Gaiole in Chianti si aveva da imparare tutto, dagli 8 agli 80, si frequentavano gli stessi ambienti, figli felici di due generazioni a cui dar retta.
Perché, di certo, i vecchi godevano di rispetto, ogni loro richiamo state certi significava buscarne a casa, dove tutto si sarebbe risaputo. A me capitò praticamente mai ma alla prossima ne dirò.
Qui voglio dire dei tempi e del merito, del fatto che niente era dovuto neanche da primo della classe, che io venni su certo senza problemi di mangiare ma secondo principi imperdibili circa il risparmio ed il rispetto del cibo, pane tanto companatico meno, niente da lasciare nel piatto e avanzi da finire la sera, molta roba di stagione a partire dalla triade zucche, zucchini e fiori di zucca. E per gli 8 anni di scuola gaiolese, tutte le mattine fisso e immutabile, il panino con la mortadella alla cooperativa dello zio Gino, che poi sorella Mora pagava con la spesa. Ci fu un periodo in cui andò di moda la prima pizza a taglio, alimentari della Tina, ma a me non toccò mai. Perché soldi niente o quasi; ho scoperto da vecchio che non era mai esistito il cono da 5 lire: Beppa si era messa d’accordo con la Gina di’ Barrino ed una volta la settimana mi toccava un gelatino ad hoc.
“Perché a noi il dolce fa sciogliere il corpo!” E questo assunto materno rimetteva ogni possibilità di pasticcerie alle sue frittelle di riso per Carnevale e a due Pan di Spagna l’anno, per Natale e Pasqua.
I giochi? A parte il pallone per strada, a rischio perenne di sequestro finché non si cominciò al piazzale della chiesa, erano tutti rigorosamente a costo e chilometro zero, a partire dai tappini e dalle carte. Poi si iniziò con qualche spicciolo, i primi giornalini dalla Lisa e le figurine.
Certo che ci voleva poco, a quei tempi, ma il cielo doveva essere parecchio più basso perché capitava spesso di toccarlo con un dito.