
Si ferma anche Tom Dumoulin, vinse il Giro 2017
Leggo dall’amico Giorgio Viberti sulla Stampa che Tom Dumoulin scende di bici. O forse scende solo, alla soglia dei 30 anni, da quel ciclismo. “Ora sono felice, come mi fossi liberato di una zavorra di 100 kg, troppo gravosa la pressione…”.
Anche Kittel, come Moreno Moser, come altri logorati precoci da un meccanismo che li carica di soldi, certamente, ma anche di titaniche responsabilità assillanti, di preparazioni da fachiri e del peso di un risultato da cui dipendono stipendi e carriere di sempre più addetti ai lavori.
Il grande olandese era al Giro Bio 2010, un ragazzone florido che vinse la cronometro da Tavullia ad Urbino. La fortuna di seguirlo con la macchina l’ebbe il mio vice, grande buon Aldo Pacini, che ad un certo punto si era presa la macchina per seguirne uno a caso e vedere il percorso. “Oh, ha vinto il mio, mi sembrava andasse forte!”.
C’è una morale in tutto questo, in un ciclismo che perde presto quelli che non hanno cuore da automi e testa da soldati. La sua Jumbo Visma di scienziati, di preparatori fini, di tiratori folli per tutto il Tour salvo poi perderlo, di cooperativa di successi anche con le terze file, di team managers che italiani non se ne vogliono nonostante le bici Bianchi, la sua Jumbo, si diceva, perde un pezzo. E che pezzo.
Ma il disagio, il male di vivere questo ciclismo, non aspettatevi lo capiscano i big boss, quelli che stanno appollaiati sulle spalle di questo magnifico sport e dei suoi ragazzi. Ogni tanto, sempre più spesso, qualcuno se ne libera; non so dire se sia una buona notizia.