
Sei tappe per sei partecipanti
Finisco di raccontare quei tempi, quel pre ’68 che poi di cose ne cambiò, col racconto dell’ estate in cui vinsi il Giro. Certo, un Giro ciclistico molto piccolo, mio e paesano ma a qualcuno servirà per capire da dove nascevano le passioni.
Lungi da me voler dare l’idea di qualsivoglia eccellenza fisica e sportiva, tranne l’impegno. In quell’estate del ’67 ero solo un po’ più grande dei miei coetanei, al punto che avrei vinto anche 3 medaglie d’oro (!) dei primi giochi della gioventù. In quel dopo seconda media, quando ancora si facevano le piste in gesso per il Giro d’Italia coi tappini, proposi, vocazione precoce, una corsa ciclistica.
Sei tappe per sei partecipanti, cronometrista, motorino al seguito e giudice unico, Antonio Martini, detto Ringo. Cronometro della nota ditta Same di Milano, da cui qualcuno aveva comprato anche celebri occhiali per vedere attraverso i vestiti, cosa che non fu mai dimostrata. Iscritti? Oltre a me, Marco e Fabio Vannetti, cugini, Enzo Mugnaini, Paolo Palei e Simone Forzieri, un oriundo fiorentino che passava l’estate dai nonni Dragoni. Vi risparmio i soprannomi, a quel tempo marchi di fabbrica.
Ho rimosso sin troppi ricordi dai cassetti della memoria ma di quel Giro ho tutto presente, compresa ogni sofferenza. Perché in salita Marchino Vannetti era più svelto, più agile, finì sempre per darmi un po’ di paga. Ero partito bene, la prima li staccai sulla strada ancora bianca dal bivio di Brolio al Ponte di Ferro, km 7 dell’attuale Eroica. Poi, però, presi due paste inattese; magari lui aveva il cambio ma su per Badia, arrivo al Fontino del Fringuello, accusai. E persi anche la volata del giorno dopo, pianura fino al Bivio di Lecchi. Poi vinsi la crono, dalla chiesa al Molinlungo e ritorno e la penultima, con Marco leader e arrivo in cima allo Smorto, si fece come i pro, si lasciò andare la fuga di Enzo e Paolo, “Ciccio” e “Lisca” che tanto non hanno più l’eta per prendersela. Avevano due bici da passeggio antidiluviane, arrivarono ai piedi della salita finale con diversi minuti. Enzo conservò margine per vincere, Marco mi staccò nel finale e riprese Paolo. Io quarto e deluso.
In ultimo, però, c’era il tappone, il giro del Monte, ben 20 km contro la dose quotidiana di 7 km circa; si scalava tutto il Coltibuono, la vetta era una nostra Colonna d’Ercole ciclistica. Il Moro mi ristaccò in salita, ero in gruppetto con Simone e Fabio, che andavano sempre meglio. In cima, però, eravamo abbastanza vicini e in discesa prevalse la stazza. Raggiunsi Marco e lo superai, poi allargai il vantaggio con tutta la strada a favore ed all’arrivo il cronometro della ditta Same di Ringo disse che ero passato in testa alla classifica finale.
Lo so che è proprio un racconto minimo, so anche che al seguito dell’anno dopo non potei partecipare, ma ci sono momenti della vita che non scordi mai e la graduatoria non la seleziona la ragione bensì il cuore e l’emozione.